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I Thurpos
Testo di Marco Marcotulli

 

 

 

La riscoperta dei Thurpos
di Giovanna Pala Sirca.  L'unione Sarda 14-01-97

 

 

Ad un osservatore superficiale il travestimento dei Thurpos potrebbe apparire il meno suggestivo fra tutti i Carnevali barbaricini mancando l’elemento coreografico della maschera lignea. I Thurpos (ciechi) di Orotelli (NU) infatti si muovono a viso scoperto, avvolti in pesanti cappotti di orbace nero (su gabbanu), il cappuccio calato sugli occhi e pochi campanacci legati alla vita. I loro volti sono resi neri ed irriconoscibili per mezzo di sughero bruciato. Tutto questo contribuisce a creare un’atmosfera in tutto simile a quella creata da Mamuthones e Merdules.

La maschera dei Thurpos è "risorta" da circa venti anni dal dimenticatoio cui sembrava condannata grazie alla paziente opera di ricerca del prof. Raffaello Marchi e della signora Giovanna Sirca. E’ forse per questo motivo che il gruppo dei Thurpos è molto attivo nell’opera di pubblicizzazione della maschera e dei contenuti culturali celati dietro di essa.
Abbiamo avuto la fortuna di poter assistere alla presentazione della maschera ai bambini delle elementari di Orotelli (paese di origine dei Thurpos), voluta dal gruppo per spiegare le origini della stessa. Un’insegnante ci ha informato che, in nostro onore, il dialogo tra bambini e maschere si sarebbe svolto in italiano. Abitualmente tali argomenti, ai quali si riallaccia un complesso e profondo discorso di ricerca e conservazione della propria cultura, vengono discussi in sardo.

Nei giorni di carnevale preposti alle uscite i Thurpos si riuniscono per la preparazione in un casolare ai margini del paese, nella parte bassa, per dare modo alla sfilata di percorrere tutto l’abitato prima di giungere sulla piazza centrale. Gli uomini si truccano l’un l’altro sfregandosi sul viso il sughero annerito dal fuoco, scherzando per allentare la tensione. Si annodano le corde, i sonagli, si affibbiano i gambali e si alzano i cappucci: i Thurpos sono pronti ad uscire.
Avanzano a gruppi di tre, due davanti, abbracciati, a simboleggiare i buoi aggiogati e condotti dal terzo, il pastore. I buoi non vogliono partire, il pastore li sprona, li pungola con un bastone, scalciano e si ribellano ma infine si muovono. La pantomima è perfetta.
Improvvisamente, ad un ordine del pastore, i boes caricano. Vedendo questi tre uomini, completamente neri, attaccare la vittima prescelta con un turbinare di funi ed un fragore di scarponi e sonagli, si capisce perché il giorno prima fossero stati presentati ai bambini raccomandando loro di non lasciarsi spaventare. Insieme al terzetto "boes-Thurpos" sono presenti anche altri personaggi strettamente collegati alla vita contadina come ad esempio il "Thurpo seminatore" che sparge crusca un segno benaugurante o il "Thurpo maniscalco" che segue la mandria mimando di tanto in tanto la ferrata di qualche boe piantandogli un chiodo in un tacco. Tutti i loro gesti riflettono la familiarità del rapporto uomo-animale. La mandria dei Thurpos procede in maniera ordinata (per quanto può essere ordinata una mandria di buoi) fino alla piazza principale del paese dove avviene un cambiamento. Ora la parte della pantomima, della antica teatralità legata al rapporto ancestrale terra-animale-lavoro svanisce, entra in ballo un nuovo tipo di teatralità o, più semplicemente, entra in ballo la voglia di divertirsi con la propria gente.

Giunti sulla piazza i Thurpos si guardano intorno, cercano una vittima e, sempre aggiogati (lo saranno fino a sera) caricano. Il rumore della loro corsa si confonde con quello prodotto dalla vittima che cerca, inutilmente, di fuggire. Viene presa, legata, sollevata e portata a forza in un bar. Sarà liberata solo dopo aver offerto da bere.
Ogni gruppo di Thurpos si scatena, la gente aspetta di essere "scelta" come vittima per poter tentare la fuga, divincolarsi, cercare di liberarsi ed in ultima analisi, giocare. La piazza per quasi un’ora sembra il campo di una dura ma incruenta battaglia.  Si va avanti così fino a sera, con un organetto che appare sulla porta di un bar coinvolgendo la gente in un ballo a cerchi sempre più ampi. Ora veramente la festa è di tutti e se dei buoi impazziti rompono il cerchio con una carica rumorosa nessuno si lamenta per l’interruzione ma molti cercano con gli occhi una via di fuga per essere pronti a recitare a dovere la propria parte.

Vedo ancora gli sguardi di alcuni Thurpos incontrati per le vie buie, la sera tardi. Bastava osservare i loro volti per capire che quella che indossavano non era una semplice maschera ma qualcosa di vivo, di importante all’interno del paese, di quel paese.

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Da alcuni anni accanto ai Thurpos sono ricomparsi   "sos Erithajos

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