Testo a cura del
prof. Leonardo R. Alario
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Azione culminante di tutta la
ritualità che segna la Settimana Santa a Cassano Ionio in Calabria è la
Processione dei misteri, che si snoda il Venerdì Santo, con un lungo e tortuoso
percorso per le strade dell'antico centro storico, dalle nove del mattino alle
sette di sera.
Sacra rappresentazione e rito
penitenziale insieme, la processione dei Misteri concretizza e presentifica atti
e comportamenti radicati nella cultura mediterranea, nella tradizione medioevale
e nella predicazione post-tridentina dei missionari inviati a ri-evangelizzare
le plebi rurali del Sud.
Riti purificatori, penitenziali e azione teatrale (enfatizzata dall'influenza
della dominazione spagnola) concorrono, dunque, a dare fisionomia e sostanza
alla processione che coinvolge, con comportamenti differenziati, tutta la
comunità ma che vede i flagellanti, i cantori delle passioni, i portatori delle
varette (i gruppi dei misteri della passione e
morte di Gesù), i fedeli in corteo per tutto il tempo della durata del percorso
appartenenti tutti alle classi misere, emarginate, segnate dal dolore della
malattia, della disoccupazione, dell'emigrazione, della devianza e prive di ogni
speranza di risolvere i loro problemi sul piano storico.
Essi, ripercorrendo la Via Crucis, contemplando i patimenti di Cristo e i dolori
della Madonna, imitando, con la flagellazione, la passione e la morte
dell'Uomo-Dio, sperano dì risorgere, come Lui, dal male presente e dalla morte
temuta
Già i
primi tre giorni della Settimana Santa vedono le famiglie impegnate
nella confezione dei pani pasquali, detti tortani,
preparati tutti, anche se morfologicamente diversi, con lo stesso
impasto di farina e uova. I tortani accompagneranno il frugale pasto del
Venerdì Santo e quello abbondante e grasso della Pasquetta, qui detta
Passalakkua, poiché un tempo si attraversavano le acque del fiume Ejano
per recarsi in aperta campagna, dove si mangiava sull'erba con la
famiglia e gli amici.
Figura
centrale del rito drammatico dell'Imitatio Christi è la disciplina,
il fedele incappucciato che, per tutta la durata della processione, si
percuote ininterrottamente gli omeri e il petto con flagelli di
ferro battuto a cinque lingue (discipline, da cui, appunto, prende il
nome).
Le discipline (i flagellanti) sono, negli ultimi anni cresciuti di
numero, dopo una notevole decrescita negli anni settanta e ottanta,
giungendo, come ai tempi del secondo conflitto mondiale e del successivo
dopoguerra, a oltre duecento nel 1997 e nel 1998.
Il numero delle discipline varia, insomma, con il
variare dell'intensità di crisi che segna la comunità.
Le discipline fanno la loro prima comparsa, con i suonatori di tròccola,
bùccína e
tamburi, la sera del Giovedì Santo quando, durante la
predica di Passione, il sacerdote chiama l'Addolorata
per consegnarle il Figlio crocifisso mentre gruppi silenziosi di fedeli
visitano i Sepolcri adornati di grano bianco
Già da qualche ora le discipline, in posti bui o in locali adiacenti al
Duomo, hanno compiuto in segreto il rito della vestizione
indossando la tunica bianca ('u ciddizzu) cinta da un cordone e il
cappuccio, ponendo (ma non tutti) sulla spalle un asciugamano di cotone
per attutire i colpi di flagello e sistemando infine, sul petto la
medaglia (del tutto rara) della Confraternita del Crocifisso.
I
flagellanti (essendo da tempo scomparse la figura del confratello
penitente della Congrega addetto a curare la cessione e i riti della
Settimana Santa) sono tutti comuni fedeli che si percuotono per voto.
Terminata la predica di
Passione i gruppi dei cantori, il buccinatore, i tamburini e il
troccolante si attardano in chiesa a suonare e cantare mentre i
fedeli defluiscono lentamente dopo aver toccato e baciato il lembo della
veste dell'addolorata. Usciti dal Duomo i cantori continuano a eseguire
le Passioni lungo le strade del paese per tutta la notte, tornando a
casa giusto il tempo per ristorarsi e per prepararsi ad affrontare la
lunga giornata del venerdì.
Dal sagrato del Duomo, preceduto e
annunziato dai suonatori dì bùccina, tamburi e tròccola, alle nove
del mattino del Venerdì Santo il corteo si muove lentamente:
prima le diciotto varette, poi le varie
associazioni, i fedeli che, per voto, portano la medaglia distintiva
della Confraternita, le Verginelle
(bambine che vestono la divisa dell'Addolorata) e i flagellanti.
Subito dopo è il Cristo morto portato da quattro discipline, dietro il
quale si pone il Vescovo, alle cui spalle avanza solenne, incoronata da
una corona d'oro,
la seicentesca statua dell'Addolorata attorniata da gruppi di donne che
intonano le Passioni e seguita da una gran folla, che va sempre
più ingrossandosi fino ad assumere forme imponenti.
Consistenti ali di folla, persone che
gremiscono balconi, finestre e soglie assistono alla processione a
cui, poi, si accodano, avvicinandosi al Cristo morto e all'Addolorata
per baciarli e toccarli con una mano o con un fazzoletto da conservare
gelosamente per l'acquisita potenza taumaturgica. Raccolta,
silenziosa, sofferta, prettamente penitenziale, la Processione
abbandonando il centro storico si trasforma.
Tutto procede regolare e ogni elemento è al suo posto; il corteo
rallenta e la visione d'insieme si fa ancora più
impressionante ma qualcosa di immediatamente avvertibile, quasi
palpabile, è avvenuto.
I gruppi si soffermano a cantare più a lungo e con maggior vigore,
rifiutandosi di avanzare e attuando una forma rituale di opposizione
all'ordine costituito, ai preti e al potere civile. A codesto
comportamento, che denuncia anche la grande forza di aggregazione e di
riconferma dell'identità e della dignità collettiva di cui si carica
la Processione (e che in passato si rivelò efficace strumento di
opposizione collettiva al regime fascista) si aggiunge il diverso modo
di vivere la Processione di tutti gli altri.
E' lo stesso contesto, insomma, che sì avverte cambiato.
Nel mentre le varette rientrano in chiesa e le discipline e
l'Addolorata indugiano a lungo dietro gli irremovibili gruppi canori,
assediate dalla folla immensa, la gente sorride, si ferma a parlare,
passeggia, rinsalda rapporti, fissa appuntamenti. Assume comportamenti
da tempo festivo.
Compiuto tutto intero con compunzione e contrizione il
rito della passione e della morte di Gesù, il fedele attende la
Resurrezione di Cristo e, quindi, la sua.
E' perciò, tempo di gioia.
E' tempo di festa. |